Museo Archeologico di Reggio Calabria

Interessante giornata culturale da dedicare al Museo Archeologico di Reggio Calabria con visita alle statue di Riace, famose in tutto il mondo oltre agli innumerevoli reperti storici dell’era Greco-Romana. 

Il 16 agosto 1972 a 230 metri dalle coste di Riace Marina, Stefano Mariottini (un giovane sub dilettante romano) immergendovisi, rinvenne a 8 metri di profondità le statue dei due guerrieri che sarebbero diventate famose come i Bronzi di Riace. L’attenzione del subacqueo fu attratta dal braccio sinistro di quella che poi sarebbe stata denominata statua A, unico elemento che emergeva dalla sabbia del fondo.[3] Per sollevare e recuperare i due capolavori, il Centro subacquei dell’Arma dei Carabinieri utilizzò un pallone gonfiato con l’aria delle bombole. Il 21 agosto fu recuperata la statua B, mentre il giorno dopo toccò alla statua A (che ricadde al fondo una volta prima d’essere portata al sicuro sulla spiaggia).[3]

Nella denuncia ufficiale depositata il 17 agosto 1972 con Protocollo n. 2232 presso la Soprintendenza alle antichità della Calabria a Reggio, Stefano Mariottini: «…dichiara di aver trovato il giorno 16 c.m. durante una immersione subacquea a scopo di pesca, in località Riace, 130 circa chilometri sulla SS Nazionale ionica, alla distanza di circa 300 metri dal litorale ed alla profondità di 10 metri circa, un gruppo di statue, presumibilmente in bronzo. Le due emergenti rappresentano delle figure maschili nude, l’una adagiata sul dorso, con viso ricoperto di barba fluente, a riccioli, a braccia aperte e con gamba sopravanzante rispetto l’altra. L’altra risulta coricata su di un fianco con una gamba ripiegata e presenta sul braccio sinistro uno scudo. Le statue sono di colore bruno scuro salvo alcune parti più chiare, si conservano perfettamente, modellato pulito, privo di incrostazioni evidenti. Le dimensioni sono all’incirca di 180 cm.».[7][8]

Sul lato sinistro di questa denuncia ufficiale, tutta battuta a macchina, è un appunto scritto a mano, di colore rosso, a firma Giuseppe Foti (soprintendente scomparso poco prima dell’arrivo dei Bronzi a Reggio di Calabria): «La presente segnalazione fa seguito alla comunicazione telefonica del 16 agosto 1972, ricevuta alle ore 21 che denunziava la scoperta.».

Durante i primi interventi di pulitura dalle concrezioni marine (eseguiti dai restauratori del Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria), apparve evidente la straordinaria fattura delle due statue. Fu confermata infatti la prima ipotesi secondo cui i bronzi dovevano essere autentici esemplari dell’arte greca del V secolo a.C., venuti ad affiancare quindi le pochissime statue in bronzo che sono giunte fino a noi complete, come quelle conservate in Grecia: l’Auriga di Delfi e il Cronide di Capo Artemisio al Museo Archeologico Nazionale di Atene.

Divenuti ormai tra i simboli della città di Reggio Calabria, i Bronzi di Riace sono custoditi al Museo nazionale della Magna Grecia.

Reggio Calabria l’équipe di tecnici lavorò alla pulitura delle due statue fino al gennaio 1975, quando la Soprintendenza reggina ebbe la certezza che sarebbe stato impossibile eseguire un completo e valido restauro delle statue utilizzando solo i limitati strumenti che erano a disposizione del proprio laboratorio. Fu allora che si decise di trasferirle al più attrezzato Centro di Restauro della Soprintendenza Archeologica della Toscana, costituito dopo l’alluvione del 1966.

Oltre alla pulizia totale delle superfici eseguita con strumenti progettati appositamente, a Firenze le statue furono sottoposte ad analisi radiografiche, necessarie per conoscerne la struttura interna, lo stato di conservazione e lo spessore del metallo. Le indagini portarono ad un primo esito sorprendente: il braccio destro della statua B e l’avambraccio sinistro su cui era saldato lo scudo risultarono di una fusione diversa dal resto della statua, furono infatti saldati in epoca successiva alla realizzazione della statua in sostituzione delle braccia originali probabilmente per rimediare ad un danneggiamento sopravvenuto quando la statua era già in esposizione. Durante la meticolosa pulizia si scoprirono alcuni particolari per i quali era stato usato materiale differente dal bronzo: argento per i denti della statua A e per le ciglia d’entrambe le statue, avorio e calcare per le sclererame per le labbra e le areole dei capezzoli di entrambe le statue. Le operazioni di restauro – che durarono cinque anni – si conclusero il 15 dicembre 1980 con l’inaugurazione di un’esposizione per sei mesi delle due statue sul grande palcoscenico del turismo fiorentino, presso il Museo Archeologico di Firenze come pubblico omaggio all’impegno tecnico e al lavoro lì svolto. Fu proprio quest’esposizione fiorentina, seguita da quella successiva di Roma, a fare da primo detonatore per il non più tramontato clamoroso entusiasmo nazionale ed internazionale per i due Bronzi trovati a Riace.

Francobolli delle Poste Italiane raffiguranti i Bronzi di Riace

Pur essendo stato fatto durante il restauro fiorentino un trattamento conservativo, nei primi anni novanta comparvero numerosi fenomeni di degrado, che hanno fatto propendere per lo svuotamento totale del materiale anticamente servito per modellare le figure (la cosiddetta “terra di fusione”) e parzialmente lasciato dai restauratori fiorentini all’interno delle due statue. In questa occasione l’intervento di contrasto alla formazione di ossidi rameosi è stato realizzato con il nitrobenzolo.

Così nel 1995, terminata la pulizia interna e dopo aver subito un trattamento anti corrosione, i due Bronzi sono stati nuovamente collocati nella grande sala del museo reggino, tenuta a clima controllato con l’umidità al 40-50% e la temperatura compresa tra i 21 e i 23 °C.

Nel 2009, i Bronzi di Riace sono stati trasportati al Palazzo Campanella, il palazzo della regione, dove era stato allestito un laboratorio aperto al pubblico. Restauratori esperti, coordinati da Paola Donati e Nuccio Schepis, dell’Istituto superiore per la Conservazione e il Restauro, iniziarono i lavori di restauro delle due statue raffiguranti antichi guerrieri che sono stati completati nel 2011.[9]

Si sono potuti osservare i chiodi, di cui alcuni a sezione quadrata, utilizzati dagli artisti per mantenere ferma la struttura durante la fusione. Le gammagrafie effettuate mettono in evidenza le cricche e le fratture dei due bronzi, in particolare sul naso e sulla barba del Giovane e dimostrano le fragilità di queste opere. Si conosce anche la percentuale esatta della lega utilizzata per la realizzazione delle due statue. Ma la vera novità consiste nell’individuazione delle tecniche usate per la realizzazione degli occhi e delle bocche delle due statue che sono state osservate per la prima volta dopo l’eliminazione delle terre di fusione all’interno delle teste con l’utilizzo di strumentazioni endoscopiche. Inoltre sono stati individuati analiticamente i materiali costitutivi usati per la realizzazione degli stessi elementi anatomici. Al termine del restauro, all’interno è stato usato un prodotto chimico che le preserverà dalla corrosione.[10]

Inoltre, vengono create delle nuove basi antisismiche, realizzate in marmo di Carrara, che assicurano il massimo isolamento delle statue nei confronti delle sollecitazioni dei terremoti nelle direzioni orizzontali e verticale. Per ciascuna statua è stata realizzata una base costituita da due blocchi di marmo sovrapposti; su entrambe le superfici interne dei due blocchi sono state scavate – in modo speculare – quattro calotte concave, nel mezzo delle quali sono collocate quattro sfere, anch’esse di marmo. Le calotte concave e le sfere di marmo svolgono la funzione antisismica, e la loro dimensione viene definita in fase di progettazione in rapporto al grado di protezione sismica necessaria. Tra i due blocchi sono installati anche elementi dissipativi in acciaio inox per l’isolamento sismico da oscillazioni nella direzione verticale. La realizzazione delle basi in marmo si presta come la più compatibile con il bronzo delle statue, e i dispositivi installati richiedono una manutenzione minima. In presenza di un terremoto sarà la parte sottostante della base a subire l’azione sismica, e si potrà muovere con il terreno senza trasmettere alla parte superiore le sollecitazioni, in quanto completamente assorbite dal movimento delle sfere all’interno delle cavità ricavate nel marmo. Il movimento delle sfere rende il sistema di protezione poco rigido e con un attrito molto ridotto, caratteristiche che minimizzano o rendono quasi nulle le sollecitazioni. Il sistema è particolarmente adatto per le statue sviluppate in verticale, come i Bronzi di Riace, o il David di Michelangelo, che hanno una base di appoggio molto ridotta e che quindi presentano nelle gambe il loro punto di maggiore vulnerabilità anche alle minime oscillazioni, che ne possono compromettere l’integrità strutturale e causare il ribaltamento[11]. Le verifiche di funzionalità delle basi antisismiche sono state effettuate da ENEA (che ne ha curato anche progettazione e realizzazione) presso il centro ricerche “Casaccia“, utilizzando le tavole vibranti del Centro e delle copie in scala reale dei bronzi[12].

Nel dicembre del 2013, i Bronzi sono finalmente tornati nel museo di Reggio Calabria, esposti in un’apposita stanza completamente asettica, alla quale possono accedere poche persone per volta dopo essere passate da una stanza con un filtro per i germi. (da testo wikipedia)